Jone ovvero gli ultimi giorni di Pompei
(1913) Regia: Giovanni Enrico Vidali –
Fotografia: Raimondo Scotti –
Produzione: Pasquali & C., Torino –
Lunghezza originale: 2500 m –
Lunghezza copia: 2060 m –
Didascalie: italiano –
Visto censura: 1013 del 1/12/1913 –
Data disponibilità della copia: 08/1913
Interpreti e personaggi: Suzanne De Labroy (Nidia), Cristina Ruspoli (Jone), Luigi Mele (Glauco), Ines Melidoni (Giulia), Giovanni Enrico Vidali (Arbace), Giuseppe Majone Diaz (il taverniere/the publican Burbio), Michele Ciusa (Caleno), Giovanni Ciusa
Il film:
Pompei, anno 79 d.C. La vita scorre ricca di lussi, piaceri e miserie all’ombra del Vesuvio. Jone e Glauco sono la coppia più ammirata della città, Nidia invece è una povera danzatrice cieca, schiava del taverniere Burbio. I loro destini si intrecceranno a quelli del perfido sacerdote Arbace, della vanesia Giulia, dell’epicureo Sallustio, in un intrigo di amore, gelosia e morte. La gelosia di Arbace porterà Glauco, con l’aiuto inconsapevole di Nidia, alla follia e alla condanna a morte, ma proprio mentre l’intera città è riunita nell’arena per assistere al suo supplizio si risveglia il vulcano. L’eruzione che ne segue cancellerà la città, ricoprendo con fumo e lava splendori e miserie di Pompei.
Jone è il terzo adattamento che il cinema italiano muto consacrò al romanzo di Bulwer-Lytton. Le vicende produttive legate a questo titolo presentano caratteri di eccezionalità. La casa di produzione Ambrosio ne propose una versione nel 1908 e una nel 1913.
L’uscita di quest’ultima fu accompagnata da una lussuosa campagna pubblicitaria, di cui la casa Pasquali pensò di approfittare, mettendo velocemente in cantiere un’ulteriore versione del romanzo.
L’Ambrosio fece causa e la Pasquali dovette cambiare il titolo del film in Jone ovvero Gli ultimi giorni di Pompei, dando vita a una vera guerra produttiva e a una causa legale innovativa nella storia dei diritti d’autore al cinema. Tuttavia i due film vennero messi sul mercato quasi contemporaneamente e la rivalità stimolò l’attenzione dell’opinione pubblica, al punto che schierarsi a favore di uno dei due adattamenti divenne una moda.
Alla scelta della Casa Ambrosio di semplificare e concentrarsi sul fascino degli interpreti e sulla composizione figurativa, la Pasquali contrappose un intrigo più complesso e più fedele al libro, allentando a tratti il ritmo ma guadagnando in complessità narrativa. Dal punto di vista visivo il film si segnala, oltre che per le scene di massa, per un uso raffinato della luce.
Il restauro:
Il restauro di Jone ovvero gli ultimi giorni di Pompei fa parte del progetto di valorizzazione e recupero di film muti realizzati dalle case di produzione torinesi, promosso dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Fondazione Cineteca di Bologna.
Jone è un restauro a cura del Museo Nazionale del Cinema di Torino e della Fondazione Cineteca di Bologna, in collaborazione con l’Österreichisches Filmmuseum di Vienna, con il British Film Institute di Londra e con la Deutsche Kinemathek - Museum für Film und Fernsehen di Berlino.
Il restauro è stato effettuato a partire da una copia positiva nitrato di prima generazione, imbibita e con didascalie ceche, conservata a Vienna, da un controtipo negativo safety lacunoso con didascalie inglesi, in bianco e nero ma con indicazioni di colore segnalate sulle code, conservato a Londra, e da una copia positiva nitrato imbibita senza didascalie conservata a Berlino.
Il restauro dell’immagine si è avvalso principalmente di materiale proveniente dal positivo nitrato di Vienna, in alcuni casi integrato con parti presenti negli altri materiali.
Le didascalie italiane sono state editate a partire dalla traduzione delle didascalie ceche, confrontate con la versione inglese, con i materiali pubblicitari d’epoca e con edizioni del romanzo coeve all’uscita del film.
Non disponendo di documenti che riportino il testo delle didascalie italiane, si è scelto di ricostruire le didascalie in bianco e nero con font neutro, anche se ispirato al carattere d’epoca, senza riprodurre il cartiglio usato in quegli anni nelle produzioni Pasquali.
Il titolo della copia distribuita in Italia è stato ricavato dal volume di protocollo dei documenti di censura.
Il confronto tra le colorazioni dei positivi e le indicazioni di colore segnalate sul negativo non ha rivelato differenze se non per quanto riguarda le didascalie. I colori delle copie testimone sono stati dunque riprodotti con il metodo Desmetcolor, avvalendosi anche del confronto con le colorazioni presenti in copie nitrato coeve di produzione Pasquali conservate dal Museo di Torino e da altre cineteche italiane.
Il restauro è stato eseguito presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna nel marzo 2008.