La solitudine dello spettatore, rafforzata nell’anonima coralità del pubblico, il suo mascherarsi che è quasi un nascondersi, l’indebolimento dei legami tradizionali è interpretata in alcuni interventi della pubblicistica italiana non come un fattore critico o una negativa esperienza di smarrimento e abbandono: la dialettica tra individuale e collettivo, snodo cruciale dell’esperienza novecentesca, al cinema può anche esprimersi come una feconda opportunità di emancipazione, soprattutto per le donne, soggetti spettatoriali, come si è detto, spesso emarginati e socialmente repressi. Nel 1916, Emilio Scaglione, rileva,come grazie all’oscurità del cinematografo, la donna possa liberarsi dalla tutela obbligata del padre o del consorte, restando finalmente sola con sé stessa...